venerdì 27 dicembre 2013

Il post(er) delle regole. Partecipate!!

38 mesi
Molti commenti ai post di questo blog riguardano i bambini e le regole. Mi è venuta perciò l'idea di lasciare uno spazio bianco per trascrivere le vostre regole. Sono volutamente vaga, sia sulle regole, sia sul vostre. Se desiderate condividere un po' di vita quotidiana, scrivetemi! Riempirò questo post con le frasi che mi invierete. Il post rimarrà sempre aperto, ma ai primi dell'anno mi permetterò anch'io un breve commento e l'interpretazione montessoriana, naturalmente.
Partecipate numerosi!!!





Regole a tavola
Si mangia fino a che si è sazi;                                                               Non si va a giocare finché non
non è obbligatorio finire                                                                        avete finito quel che c'è nel
quello che c'è nel piatto                                                                         piatto.
se non se ne ha voglia.                                                                          Un papà
Però non riempirsi il piatto troppo!
Erica


Non alzarsi da tavola se non te lo dice prima un adulto,
non mangiare dolci prima di andare a tavola,
lavarsi le mani prima di andare a tavola,
non far decidere il menù sempre ai bambini.
Anonimo

Regole con gli altri
Ringraziare quando si riceve un regalo,
salutare quando si entra o esce da un negozio,
Anonimo

Regole nel gioco
riordinare dopo aver giocato.
Anonimo



























giovedì 19 dicembre 2013

La normalizzazione

38 mesi
 
 
 Spesso, tra bambini e genitori, si invertono le parti.
I bambini, che sono degli osservatori finissimi,
hanno pietà dei loro genitori
e li assecondano per procurare loro una gioia.
Maria Montessori
 
 
 
L'obiettivo principale del metodo Montessori è la normalizzazione del bambino. Questo è uno dei punti di maggiore criticità del metodo, perché questo termine ambiguo ha sempre fatto pensare all'incasellamento delle abilità del bambino in uno schema precostituito che nega la spontaneità e blocca la creatività.
In realtà, la normalizzazione non riguarda questi aspetti puramente didattici o formativi, ma si riferisce alla sfera bio-psichica dell'individuo. Sembrano paroloni, ma invece è un'esperienza comune (soprattutto come genitori) quella di notare la fatica della vita quotidiana, perché ci sono bambini che tutti i giorni sono "troppo". Troppo inappetenti, troppo insonni, troppo piangenti, troppo pigri, troppo aggressivi, troppo timidi, troppo silenziosi, troppo loquaci, troppo in movimento.
Spesso si ricercano le cause di questi comportamenti eccessivi e a volte le si trovano, ma resta sempre il problema di come vivere meglio. A volte si ricorre a una disciplina più rigida, a volte invece si delega di più ad altri adulti la vita del proprio bambino, a volte si fa leva sulle routine per cercare, per esempio, di avere un migliore riposo notturno, alcune coppie vanno perfino in terapia. A tutti questi tentativi "salvafamiglie" Maria Montessori ha dato una risposta per le ore di scuola (che anche ai suoi tempi erano numerose, i bambini stavano a scuola anche tutto il pomeriggio) che producono come effetto, appunto, la normalizzazione del bambino.

 
Metto a disposizione questo testo che, oltre a fare perfettamente al caso nostro, è molto interessante per capire a fondo i vantaggi di un approccio globale qual è il metodo Montessori. Il brano è tratto da una pubblicazione di Vita dell'infanzia, la casa editrice dell'Opera Nazionale Montessori, reperibile su richiesta all'ONM stessa. Anche qui si evince la parola magica per la vita a casa: libera scelta e lavoro manuale. Buona lettura!
 
 
 
LA NORMALIZZAZIONE
 
"Maria Montessori, pur scusandosi di non aver saputo individuare un termine equivalente e meno ambiguo, ha sempre precisato che la normalizzazione non è un'azione correttiva e emendativa dell'adulto (come? con l'esempio, con le parole, con la punizione?). Essa è il 'ritorno' spontaneo del bambino alla espressione e sperimentazione delle sue forze positive e costruttive: è dunque, un processo di autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di comportamento che ne impediscono l'adattamento attivo.
 
La normalizzazione è la rinascita della normalità bio-psichica attraverso la quale il bambino riprende interesse, desiderio di lavoro, sforzo e soddisfazione nell'attività prescelta. Il suo io perde via via la paura, la pigrizia, l'aggressività, la timidezza, la fantasticheria, e conquista un nuovo orizzonte che lo orienta e lo guida. La libera scelta e il lavoro appropriato sono le 'medicine miracolose' che canalizzano lo spirito del bambino nella scoperta della sua più profonda natura: il fare e il saper fare, non imposti e giudicati dall'adulto, ma sperimentati nell'attività con le 'cose' in un ambiente sociale a sua volta non violento, non competitivo, né selettivo, né emarginante.
 
L'organizzazione educativa della scuola Montessori e le sue pratiche autoistruttive sono la risposta al bambino 'deviato', che si sta rifiutando alla vita del lavoro e della conoscenza. Questo aspetto dell'educazione montessoriana è stato sempre notato e riconosciuto come il tipico effetto di un intervento indiretto dell'ambiente che offre l'opportunità di 'autoriformare' le proprie tendenze di fuga, di opposizione, di abbandono, di capriccio. La guarigione del bambino è nelle sue stesse mani, nel senso della mano che riprende ad esplorare, a fare, a pensare, a conoscere".
 
 
 
[da Piano dell'Offerta Formativa. Il progetto educativo Montessori, a cura di Opera Nazionale Montessori, ed. Vita dell'infanzia, Roma 2003]
 
 
 
 


domenica 15 dicembre 2013

Solo per fiamma che brucia per fuoco

38 mesi
 
 
Quando qualcuno mi chiede che cosa si fa allo Spazio Montessori, di solito inizio una descrizione molto particolareggiata di tutte le attività che Sonia e Isabella con pazienza e creatività mettono a disposizione dei bambini. Immancabilmente, il mio interlocutore commenta: "Le stesse cose che fa mio figlio al nido barra all'asilo".
 
In realtà, quello che si fa in un asilo o in uno spazio di gioco montessoriano non differisce soltanto nelle attività che si fanno, perché è vero che molti spunti sono stati accolti anche nelle strutture tradizionali. Ormai in tutti i nidi i bambini fanno i travasi e in tutte le scuole d'infanzia ci sono i giochi di manipolazione dei materiali.
 
La vera diversità consiste nella gestione del tempo e dello spazio che sono di esclusiva competenza dei bambini, due aspetti sui quali, di solito, il controllo degli adulti è considerato essenziale. Sono gli adulti che controllano i tempi delle attività dei figli, a scuola e in famiglia, così come hanno il dominio sullo spazio che ha una certa organizzazione (d'arredo e di utilità) fissa.
 
Questo accade dappertutto e in tutte le situazioni di vita reale, sia che si sia genitori o insegnanti rigidi o flessibili, tanto è vero che solo nella cornice del "gioco libero" si concede di solito una certa autonomia su tempo e spazio.
 
 
Pensate perciò quale dovette essere la sorpresa dei genitori e degli insegnanti contemporanei a Maria Montessori nel vedere come, nel luogo più normato per eccellenza, la scuola, ella proponesse di affidare tempi e spazi fisici e mentali ai bambini, piccoli per di più.
Quella sorpresa si rinnova anche per noi che abbiamo affrontato l'apprendimento nei modi più tradizionali.
 
Vedere bambini che spostano tavoli e sedie, che si alzano e si siedono a piacimento, che arrotolano tappeti e che trasportano il cestino della spazzatura nel posto più comodo per se stessi ha dell'incredibile; per non parlare di chi si dedica per due ore alla stessa attività oppure, prima di sceglierne una, gironzola un po' qui, un po' lì, come alla ricerca di ispirazione. Oppure che... non fa niente del tutto, cioè si limita ad osservare gli altri o anche a non osservarli affatto!
 
Il punto-chiave è che ciascuno fa quello che si sente di fare in quel preciso momento, svincolato da ragionamenti di convenienza, di timore, di competizione, di pigrizia o anche semplicemente di adesione a un modello collettivo, cioè di imitazione dell'esempio altrui. In uno spazio ispirato al metodo montessori si agisce "solo per fiamma che brucia per fuoco", cioè per necessità interiore.
 
Lo racconta molto bene in versi Bruno Tognolini, autore contemporaneo che sta pubblicando le sue rime sul quotidiano La Stampa, dalle cui pagine online ho tratto questa poesia:

Fammi giocare solo per gioco
Senza nient’altro, solo per poco
Senza capire, senza imparare
Senza bisogno di socializzare
Solo un bambino con altri bambini
Senza gli adulti sempre vicini 
Senza progetto, senza giudizio
Con una fine ma senza l’inizio
Con una coda ma senza la testa
Solo per finta, solo per festa
Solo per fiamma che brucia per fuoco
Fammi giocare per gioco.
 

 
 
 
 
 

martedì 19 novembre 2013

11 novembre: San Martino e la passeggiata con le lanterne

3 anni!!

In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli può giungere alla conoscenza del mondo dello spirito.
Rudolf Steiner


Prosegue il nostro esperimento A scuola montessoriani, a casa steineriani. Lunedì scorso era San Martino, la seconda festa autunnale che ne segna il culmine: le foglie gialle e rosse danzano in aria, le giornate sono corte e fredde, ma i colori sono brillanti e vivaci. L'autunno secondo l'antroposofia è una stagione ricca, nella quale si mangia volentieri la torta al cioccolato e si fa molta festa in famiglia e a scuola, godendo del raccolto estivo maturato al sole. In autunno "si tira tardi" e si esce la sera ben imbacuccati nei cappelli di pelo. La stagione della parsimonia è invece la primavera.
 
La virtù di San Martino è la generosità che viene rappresentata come luce interiore. E' per questo che il simbolo della festa è la lanterna che porta la luce dall'interno verso l'esterno; anche i biscotti a forma di sole, luna e stelle sono caratteristici del santo, perché gli astri stessi si sono messi a servizio di colui che è rimasto senza mantello per riparare dal freddo un mendicante. Per questo si parla dell'Estate di San Martino.
 
A differenza di San Michele, San Martino è un santo familiare anche nei paesi mediterranei, sia per la sua provenienza francese, sia perché molti poeti e narratori si sono riferiti a questo giorno nei loro scritti; basti pensare alla celeberrima poesia San Martino di Giosuè Carducci, onnipresente in tutte le scuole (e l'unica che la sottoscritta ricordi a memoria).
 
La tradizione delle scuole Waldorf vuole che ogni alunno costruisca la propria lanterna in modo semplice ma d'effetto e la sera dell'11 novembre insieme alla propria classe e ai genitori compia una vera e propria passeggiata - nel bosco per chi abita in campagna o nel quartiere per chi abita in città - alla sola luce delle lanterne. Il camminare invita alla meditazione e la scia delle candele accese è l'emanazione della più autentica luce interiore che ogni essere umano possiede.
 
Come oramai è noto ai lettori di questo blog, io devo adattare qualsiasi concetto astratto a un bambino di tre anni:
- che non sta fermo un secondo e anche se fosse tutto legato riuscirebbe a sbattere le palpebre.
- che non ascolta nessuno per più di un nanosecondo, tranne la fata Ariele delle Favole di Rai yo-yo.
- che innanzitutto va. Il resto del mondo si arrangi.
 
Impossibile realizzare i biscotti sole-luna-stelle con lui, perché non sarebbe una vera partecipazione; inoltre Cico odia sporcarsi le dita di farina. Semplificare è la parola d'ordine montessoriana, purché si ricrei l'atmosfera giusta.
 
La notte prima vegliando fino a tardi ho realizzato da sola la lanterna di carta delle scuole Waldorf, che è basata sull'assemblamento di 11 pentagoni. Trovate le spiegazioni qui, ma vi suggerisco prima di capire bene come si disegna il pentagono regolare (a voi ne serve uno di modello con il lato da 8 cm che, una volta ritagliato, userete come sagoma per disegnare gli altri 10).
Ho aggiunto una maniglia fatta con del fil di ferro da fiorista che potrete applicare praticando due forellini ai lati con una piccola punta, usando per esempio un punteruolo o le forbicine delle unghie. Fate passare un capo del filo dall'esterno all'interno e arrotolate su se stessa la codina eccedente per fissare il manico. Ripetete dall'altro lato.
 
La sera di San Martino siamo usciti a cena noi tre per una pizza e al ritorno abbiamo percorso a piedi una delle vie più buie della città. Cico sembrava un predatore notturno in libertà e lo elettrizzava il fatto di camminare in mezzo tra noi. Arrivati a casa, non abbiamo acceso la luce, ma la candela della lanterna come nel Medioevo.
 

Meraviglia!! Sui lati della lanterna appaiono le stelle!!
Basta questo per attirare l'attenzione di tutti, piccoli o grandi che siano, e fare finalmente silenzio.
 
 

Estatici Ciao, ciao! alla luce dietro i vetri che brilla sul balcone, nello stesso posto (importante!) dove avevamo posizionato la ciotola delle candele galleggianti di San Michele.
 

Avete mai fatto una passeggiata notturna al buio con una torcia?
E' un'esperienza davvero consigliata, soprattutto se non avete ancora bambini intorno e volete prepararvi in spirito a subire (caso malaugurato ma assai probabile) un predatore notturno in libertà.
Dovete sapere che, per la nota Legge di Murphy, i predatori notturni in libertà arrivano nelle famiglie con una frequenza direttamente proporzionale al vostro piacere per il plaid e la tv o l'andata a nanna verso le 21 con un libro. Tanto più amate starvene in pace, quanto più un Predator busserà alla vostra porta.
 
Anche quando raggiungerete l'agognata meta dell'autonomia giocattolaia, non appena voi vi siederete sul divano o prenderete in mano il tanto sospirato libro, dato che Predator si sta trastullando con i pentolini o le torri, il suddetto Predator abbandonerà treni, pentole e padelle per strapparvi di mano il vostro plaid/libro/ricamo/cellulare. Semplicemente detesta che voi vi rilassiate. Dovete amorevolmente carezzargli i riccioli, finché, dopo due ore di rotolamenti sul divano con calci e gomitate, finalmente si addormenterà. Ore 0:30. Vi addormenterete anche voi e tanti saluti.
 
 
Lo spirito steineriano assorbito da bambini farà sì che la vostra luce interiore continuamente brilli, giorno dopo giorno, e vi impedisca di abbandonare un minorenne nella gelida notte invernale. Non sto esagerando: le fiabe sono piene zeppe di bambini ghiacciati e seminudi abbandonati nella notte con le loro piccole lanterne da genitori troppo poveri (= stanchi & stufi).
 
Invece voi, generosi come San Martino di Tours, potrete condividere metà del vostro plaid da tv con il piccolo Tirannosauro e avere la vostra Estate di San Martino al pensiero che, nonostante i precedenti giorni di pioggia, la giornata è stata soleggiata e quasi calda.



 

lunedì 11 novembre 2013

Mamma, io esco!

3 anni!!

Il bambino di tre anni,
il quale in precedenza
ha ricevuto il mondo attraverso l'intelligenza,
ora lo prende con le sue stesse mani.
Maria Montessori



La svolta dei tre anni. Servita su un piatto d'argento.


Niente più pisolino, nonostante le mattinate di indefessa attività montessoriana, ora del coprifuoco notturno assestata verso le ore 00.30 e tre uscite al giorno (mattino - mezzogiorno - pomeriggio) comprensive di carrello della spesa, Winnie The Pooh e borsina appesa al collo. Più passeggino per la fase "siediti qui che dobbiamo attraversare un viale a doppio senso unico alternato" - solito "odi et amo" di catulliana memoria - che io trascino vuoto cercando di preservare l'erede al trono dai possibili e tragici effetti del traffico metropolitano.

 

 
La brevissima parentesi domestica è invece caratterizzata da: apro frigorifero, prendo bottiglia latte, prendo tazza, verso latte, (mamma scalda latte), prendo bustina zucchero, prendo cucchiaino corto e lungo, (mamma apre zucchero), prendo cacao, apro cacao, verso cacao con cucchiaino lungo, mescolo latte con cucchiaino corto, bevo latte.
Esco (in pantofole). Chiavi. Baci. Ciao.
 
E' inoltre il periodo dei numerosi tentativi del da-venti-giorni-treenne di stirare: prendo sedia, prendo ferro, spina nella presa (da solo!), prendo polo del papà, salgo in piedi su sedia, acqua nel ferro, ammucchio polo sul tavolo (mamma distende polo), cerco di accendere ferro (mamma accende ferro), stiro, lancio polo sul ripiano sotto (mamma piega polo), scendo da sedia.
Esco (in pantofole). Chiavi. Baci. Ciao.
 
Questo è il mio piccolo Cico, ora più che mai amabile, la cui gestione mi pare un sogno ad occhi aperti rispetto alla fase 0-1 anno (Che qualcuno se lo prenda in affido), 1-2 anni (Attila, flagello di Dio), 2-3 anni (Il ragazzo selvaggio).

 

domenica 3 novembre 2013

Contiamo fino a tre!

15 ottobre = 365 giorni x 3 = 36 mesi = 3 anni = 94 cm
 
 
Una madre capisce quello che un bambino non dice
Anonimo
 

Sono nato a mezzanotte come Cenerentola in una notte di passaggio tra le ultime calde giornate estive e le prime fredde avvisaglie dell'autunno. Una via di mezzo, insomma. In equilibrio, come la bilancia, simbolo del mio segno zodiacale.
E' stato un passaggio difficile per me, il nascere. Doloroso. Avrei voluto conservare, come la Bilancia, un perfetto equilibrio tra il dentro e il fuori. Ma questo non è possibile, pena la morte. E' stata la mia mamma a richiamarmi alla vita e ora le sono grato. Ma per tanto tempo sono stato sull'orlo di un precipizio, attratto vorticosamente dalla vertigine dell'oblio.
Avevo un amico con me, nella pancia della mamma. Un fratello o una sorella. Un gemello. Sono stato l'unico a saperlo, a conoscerlo. Eravamo legati, ne sono certo. Abbiamo condiviso quei primissimi istanti in cui qualcosa si forma, in cui sboccia la vita nuova. Ma lui o lei non ce l'ha fatta: ha smesso di lottare, si è arreso. Dolcemente. Mi ha detto: Addio, devi farcela tu anche per me. Non dimenticarmi troppo presto, addio, addio!
Ho continuato a crescere, sapendo che lì, al calduccio, ben vicino alla mamma, avrei conservato la compagnia e il ricordo del mio fratello gemello. Per sempre, noi due uniti al corpo della mamma. L'incanto si è rotto, però, e qualcuno da fuori, ostile, nemico, mi ha strappato a mio fratello, decretando la mia nascita. Anche la mamma forse non avrebbe voluto, ma è stata obbligata con la forza a farmi nascere. Questo è quello che gli adulti, se ho ben capito, chiamano parto indotto. So che la mamma era a pezzi e mi dispiace sempre vederla triste in certi momenti: ormai ho capito che quando si arrabbia molto, è perché le viene il nervoso per come è stata trattata.
Il mondo fuori, il vostro mondo, non mi è piaciuto: tutto freddo, tutto abbagliante, tutto duro, tutto rumoroso. Gesti bruschi, voci acute, strani riti, visi ignoti. Ma la cosa più triste è stato scoprire che qui nessuno sapeva del mio gemello, nessuno capiva il mio dolore per averlo dovuto abbandonare. Neanche la mamma capiva.
Perciò ho avuto un solo obiettivo: dirglielo! Ma come? Io non parlavo la vostra lingua, io straniero in terra straniera. Io non avevo il vostro denaro che tutto può. Non avevo modo di mandare una e-mail, un sms, anche solo una lettera. Perché avrei dovuto fare parte di un mondo in cui nessuno ti capisce?
Ma forse, un modo c'era. Una strada brutta che non avrei voluto scegliere. Ma forse... Potevo tornare da mio fratello! Come? La decisione è presa. Prendo coraggio e... FERMO TUTTO.
?
Sì, esatto. Comincio con il peso. Sono un bambinone, ma a cosa serve? Il mio fratellino era piccino picciò. Anch'io posso ben fermarmi, no?
Poi i denti si fermano, i capelli non si allungano.
Inibisco tutte le abilità motorie. A 8 mesi ancora non sto seduto. Non voglio.
No.
Non voglio parlare come voi, la vostra lingua che sa solo offendere o gridare. Voglio farmi sentire solo piangendo. Piango, piango, piango. Sono tristissimo. Il dolore mi strazia. Ma non voglio essere consolato. Respingo tutti, piango anche in braccio. Di giorno, di notte.
Il cibo? Bleah.
La nanna? Bleah.
Il bagnetto? Bleah.
Il seggiolone? Bleah.
Il passeggino? Bleah.
I vestitini? Bleah.
Le canzoncine? Bleah.
La musica? Bleah.
Le immagini? Bleah.
Mi piace il telefono, questo apparecchio che permette di sentire la voce di chi non c'è. Ne voglio uno, per parlare con il mio fratellino (o sorellina).
Ma non basta, perché nessuno capisce.
Non il pediatra, non gli esami del sangue. Nessuno.
Così ci provo. Provo a passare la soglia che divide i vivi dai morti. Ho una crisi di pianto, vado in apnea. Non riprendo fiato e svengo. Sono pallido, il cuore batte lentamente. Respiro a fatica, ho un tremito, la bava alla bocca, gli occhi rivoltati in su. Una corsa in un posto orribile chiamato pronto soccorso.
Peggio che andar di notte. Alla mamma dicono: sono capricci.
Ma io ho 13 mesi e non cammino. Peso 7 chili e mezzo. Non dico una parola. Ho solo gli incisivi inferiori.
Così vado avanti, una crisi dopo l'altra fino a 19 mesi. Per fortuna, nel mio grande dolore, brilla una luce. La mamma non è convinta. Non si fida. E' una ribelle, lo so. Se solo facesse un piccolo sforzo!! La supplico in tutti i modi piangendo e avendo crisi e lei per poco non cede all'impulso di farla finita anche con me e di dare fuori di matto.
Poi finalmente un giorno mi solleva, mi guarda fissa negli occhi e lì capisco che mi vuole bene davvero e farà di tutto per aiutarmi. Prende una decisione: non si farà più condizionare da nessuno.
 

Assomiglio un po' a Tintin!
 

Mi accompagna da un dottore molto bravo che non mi spoglia e non mi tocca con strumenti freddi e mani nervose. Mi fa gattonare sul suo tappeto e mi fa vedere tante piccole scatoline colorate. Poi, magia, mi fa tornare a casa con i nonni! E la mamma resta a parlare da sola con il medico per un'ora intera.
Con una medicina molto potente che si chiama Arnica e un'altra ancora più potente che si chiama Pulsatilla, il mio dolore si placa un po'. Forse il mondo non è poi così male, dopotutto. E io a 21 mesi cammino. I denti crescono, i capelli diventano folti. Mi butto perfino a fare un bel bagno in mare.
La mamma è più contenta e insieme ridiamo come due che si divertono molto. Che bello avere una mamma!! Le crisi vanno e vengono. La mamma capisce che ho bisogno di molta comprensione e va a visitare per me un bell'asilo che si chiama Casa dei Bambini Montessori. Vuole che io sia libero e in compagnia durante la scuola materna.
La direttrice è molto esperta e le consiglia di andare a parlare con una sua amica psicanalista. Questa signora, quando viene a conoscere la mia storia, chiede alla mamma:
Signora, lei quanti bambini aspettava?
E la mamma, senza pensarci su, esclama:
Due!
Alla sera la mamma mi prende nel lettone e mi racconta che l'ha sempre saputo. Che lei lo sapeva che eravamo due. Lei crede che fossimo un fratello, cioè io, e una sorella. E che, quando ha capito che aspettava un bambino, è andata in un negozio per comprare un paio di scarpine per festeggiare la bella notizia. Ma, quando arrivò davanti allo scaffale, non sapeva decidere se scegliere il paio rosa o il paio azzurro. Le avrebbe prese tutte e due. Voleva farlo. Poi ha avuto come l'idea di dare un taglio netto: ha scelto il paio bianco.
Allora io ho pensato che ne valeva la pena e che adesso potevo nascere di nuovo e vivere questa volta, ma da bambino felice. E finalmente posso dire la parola più bella: Mamma!
 
 
 


lunedì 30 settembre 2013

29 settembre: San Michele e lo spirito steineriano

35 mesi e mezzo

Ma era quello il tempo migliore della mia vita
e solo adesso che m'è sfuggito per sempre, solo adesso lo so.
Natalia Ginzburg
 

 
Ho una passione segreta per il mondo steineriano. E' un mondo di magia nordica, quello che noi mediterranei invidiamo tanto ai nostri colleghi europei che abitano lassù nel grande freddo. Sono stata educata anch'io secondo questo spirito, pur non avendone mai frequentato le scuole: manualità, fantasia, volontà, poca tv, poca plastica, molto fai-da-te. Poi gusto per il racconto, per il potere del linguaggio di creare isole felici e non per questo meno reali. Ma anche passione per l'immagine disegnata, per le illustrazioni, per il senso di coralità delle feste.


 

Ho dei ricordi molto vivi di ogni più piccolo spazio di tempo assolutamente e perfettamente... libero. Ma in compagnia. In compagnia di tutti coloro - parenti, amici, conoscenti - con i quali ho potuto condividere profumo di cera, dita incollate, mani in pasta, deliri di origami, spedizioni punitive a cercare proprio la polverina dorata che serve per i biglietti d'auguri. Ma non l'oro scuro, l'oro chiaro. Sì, di quella sfumatura lì che va d'accordo con il cartoncino rosso.
 
E poi, i tempi. Inderogabili. Il 7 dicembre (Sant'Ambrogio), cascasse il mondo si faceva il presepio. Il 16 aprile (San Giorgio), neve, pioggia o sole, pan meini per tutti! Il 29 giugno (Santi Pietro e Paolo) si partiva per le vacanze. Appuntamenti fissi.
 
Sembra una passione tutta femminile, ma non è così. I miei cugini maschi erano totalmente immersi nello stesso fervore creativo, al punto da intestardirsi su difficilissimi schemi a punto croce o complicatissimi collage fotografici. Perfino la Sachertorte è stata oggetto di studi e sperimentazioni senza fine. Certo, agli occhi dei coetanei eravamo ben strani. Oggi, in compenso, quando si tratta di agire, di mettersi d'accordo, di fare il regalo "giusto", di convogliare strilli isterici di bambini in preda ai fumi di un non meglio identificato trauma, chiamano noi.
 
Noi che, posso ben dirlo come "decana" di 12 cugini primi (e sembriamo pure gli Apostoli), abbiamo conservato una dote di quegli anni: la Santa Pazienza! Compatibilmente con i nostri caratteri molto diversi, con le nostre professioni e i nostri studi differenti, quegli anni ci hanno reso flessibili, pazientissimi e molto, molto creativi (soprattutto nei modi). Cosa che - e allora non lo sapevo, per fortuna - con i figli si è rivelato un tesoro di valore inestimabile.
 
Qunidi, cari lettori, fatevi due conti: a quanto ammonta il mio tempo libero, considerando che Cico è gestibile solo da me, dal papà (flessibile grazie al cielo pure lui) o da mia sorella (e dai nonni, in quanto fondatori del sopracitato "spirito steineriano")?
 
Meno male che non vado bene in matematica...
 
Desiderando perciò che anche Cico sperimenti un po' della magica atmosfera steineriana e cercando la via della conciliazione, ho pensato che a scuola potrà essere montessoriano e prepararsi a un futuro di pignolissimo ingegnere nucleare, a casa però non potrà mancare di un po' di spiritualità e di sacro umanesimo.
 
Quindi ieri, giorno di San Michele, abbiamo festeggiato. La festa di San Michele è la prima delle ricorrenze che lentamente ci avvicinano al Natale e, per la precisione, è la festa dell'autunno. Molto sentita nella scuole steineriane, è festeggiata raccontando ai bambini la leggenda di San Giorgio che - con l'aiuto di San Michele Arcangelo - ha sconfitto il drago-Satana. Il simbolo della festa è la mela, che poi viene regalata ai bambini all'uscita dell'asilo.
 
Ma, tanto per cambiare, Houston, we have a problem. Intanto Cico non se ne sta lì buonino buonino ad ascoltare le fiabe, essendo per ora un uomo d'azione. Poi non mangia la frutta. Infine non posso contare sulla sua comprensione dell'evento in modo razionale e logico e tantomeno sull'aspettativa di un futuro che per lui non ha senso. Vive nel qui e ora. Tutto il resto (e tutti gli altri) conta(no) per lui meno di zero.
 
Quindi ho creato un piccolo evento, aspettando l'ora buona per lui. Ovviamente si è alzato dal sonno pomeridiano di pessimo umore e, per mettere un freno a un'ora e mezza (sapete quanto sono lunghi 90 minuti? Avete presente un film?) di urla a spirito di testa, siamo usciti.


La mia merenda, tanto carina come da foto, è andata a farsi benedire. Rientrati a casa alle nove di sera e tornato il buonumore, ho dato il via al momento magico.
 
Avevo preparato una scodella capiente di vetro (in modo da sfruttare l'effetto trasparenza) con acqua per tre/quarti. Sull'acqua ho appoggiato otto candeline galleggianti, scelte nei colori caldi dell'autunno: giallo, arancione, vermiglio, rosso. Tra l'altro, ricordano da vicino le mele della festa di San Michele.

 
E' molto importante che questi dettagli siano scelti e preparati di nascosto dai bambini. Nella vita ci sono molte cose che non capiamo, di cui cioè l'origine ci è sconosciuta, e questo mistero deve permanere anche nelle feste con i bambini che amano le sorprese e i piccoli "miracoli".
 
Il papà si è premurato di spegnere la tv per una sera e le luci del salotto (è fondamentale!), per ripiegare su musica classica d'atmosfera: ho scelto Piano Piano, raccolta di brani adatti anche ai piccoli ed eseguiti dalla pianista austriaca Eugenia Radoslava.
 
Ho preso un fiammifero e, sotto gli occhi di un Cico per una volta esterrefatto (che è come dire strafatto, eeehhheeehhh, perdonatemi, ma quando ci vuole ci vuole!), ho acceso le candeline senza parlare.
 
Poi facendogli reggere la ciotola, aiutato da me, l'abbiamo portata sul tavolino del balcone attraversando al buio la sala. Wow! Alla fine, spinti a rientrare dal venticello autunnale, ci siamo goduti lo spettacolo da dietro i vetri sempre a luci spente.
 
Ho detto una frase semplicissima su San Michele "il più coraggioso degli angeli" e basta. Addormentamento record tra note di Schumann e fiammelle tremolanti. Altri modi di festeggiare originali per bambini più grandi, come la prova di coraggio, li trovate sul sito della scuola steineriana di Origlio, in Svizzera.


 
Quante volte ci affanniamo a spiegare il simbolo, a spiegare le storie, a far capire il perché e il per come? Puntiamo invece all'accuratezza del gesto e alla magia del momento, senza sprecare parole che rischiano di rovinare tutto e concentriamoci sulla possibilità di usare anche orari insoliti. Il buio della notte nel nostro caso è stato essenziale per la riuscita dell'evento. L'esperienza resterà e, cosa che più mi premeva, una festa di colore e calore svincolata dalle nozioni intellettuali astratte.
 
 
 
 


sabato 21 settembre 2013

Spazio Montessori - prima parte

35 mesi + 5 giorni

Si deve considerare sacro lo sforzo occulto dell'infanzia:
quella laboriosa manifestazione merita un'accogliente aspettativa, poiché in questo periodo di formazione si determina
la futura personalità dell'individuo.
Da tale responsabilità nasce il dovere di studiare
e penetrare con approfondimento scientifico
le necessità psichiche del bambino
e di preparargli un ambiente vitale.
Maria Montessori
 
 
Lo Spazio Montessori è un laboratorio di osservazione del bambino accompagnato da un adulto di riferimento - mamma, papà, nonni, baby-sitter, zii particolarmente curiosi - che resta con lui discretamente a notarne i progressi e le caratteristiche relazionali.
Questi spazi sono dedicati ufficialmente alla prima infanzia (0-36 mesi), ma sono aperti a tutti coloro che hanno a cuore un graduale inserimento del proprio figlio in un ambiente organizzato.
 
Le prime a realizzare questi spazi sono state le suore missionarie nei paesi poveri dell'America Centrale e del Brasile. E' in particolare il Messico che si distingue per la presenza di luoghi dove i bambini piccoli potessero trascorrere del tempo con le loro mamme in una dimensione gioiosa. L'obiettivo è quello di avviare all'autonomia bimbi altrimenti abbandonati a se stessi. Che cosa meglio del metodo Montessori per dare forma a questo progetto?
 
In Italia ci hanno pensato Sonia Zecchi e Isabella Micheletti dopo aver notato come i genitori siano troppo spesso esclusi dall'osservazione dei propri figli in un contesto formativo. Sia al nido, sia alla scuola dell'infanzia, per non parlare degli anni successivi, infatti, è difficile sapere esattamente in quali attività siano impegnati i bambini, ma soprattutto con quali modalità avvenga la loro partecipazione alle suddette attività. Ecco dunque che gli spunti di insegnanti ed educatori, in famiglia cadono purtroppo nel vuoto.
 
Il metodo Montessori, per le sue caratteristiche di concretezza e di inclusione della quotidianità nella didattica, si presta molto bene ad essere riproposto anche a casa; e si presta bene anche a valorizzare doti innate che tutti i bambini posseggono, ma che spesso restano inespresse, sopraffatte come sono da un'intellettualizzazione precoce.
 
Per fare questo, pertanto, occorre che almeno un adulto che solitamente frequenta il bambino possa assistere alle giornate educative.
 
Lo Spazio Montessori è diverso per i piccolissimi (fino a 18-24 mesi) e per i più grandi (da 24 mesi a 36-42 mesi). Mi concentrerò su quest'ultimo, arredato dall'architetto Giovanni Pignataro cultore dell'arte del legno.
 
Si tratta di un grande salone rettangolare, con la porta posta su un lato corto. Di fianco alla porta una lunga cassettiera ospita sul ripiano più alto una selezione di testi di Maria Montessori e dispense per l'approfondimento. Davanti alla cassettiera, un cerchio di sedie è predisposto per gli adulti in visita che si potranno intrattenere a leggere e conversare.
 
Di fronte allo spazio genitori, c'è lo spogliatoio dei bambini che consiste in un armadietto senz'ante con grucce appese a un'asta e cestini per le pantofole. Ognuno ha un piccolo simbolo adesivo e il nome in corsivo. Davanti un tappeto con due seggioline per sfilare le scarpe.

 
 
Questo ingresso/angolo di lettura occupa circa 1/3 del salone ed è diviso dal resto della stanza da due scaffali bassi su ruote che creano un varco verso l'area riservata ai bambini.
 
Una volta entrati lì, si nota che gli scaffali, divisi a ripiani, contengono tutta una serie di vassoi, ognuno dedicato a un'attività diversa. Mi sembra di aver notato - per ora - il vassoio dei travasi liquidi, dei travasi solidi, dell'infilare, degli aromi. Ma altri ce ne sono di cui sono curiosissima... Vi farò sapere.
 

 
 
Lungo i due lati lunghi dello spazio sono allineati in bell'ordine altri strumenti per le attività di vita pratica, ognuno appeso a un gancio basso. Tra quelli che ricordo: scopa, paletta e secchio per la spazzatura; armadietto con maglioni e indumenti da piegare e riporre; scatola delle noci con mestoli; vassoio delle schede delle nomenclature semplificate.
 
Il lato corto che chiude il locale è occupato per intero da una specchiera, simile a quelle per la danza, alla cui base un tappetone con cuscini è pronto per accogliere i piccoli lettori in erba: bei libri illustrati sono appesi lì a fianco in una tasca arancione.


 
 
Al centro dell'area bambini fanno bella mostra di sè diversi tavolini quadrati di legno bianco con le seggioline coordinate, ciascuno decorato con una piantina. Al soffitto veli di tulle bianco e mobile di farfalle colorate, musica classica a basso volume che si diffonde dolcemente.
 
 

mercoledì 18 settembre 2013

Primo impatto, prime impressioni

35 mesi + 3 giorni



Se non sai perché un bambino sulla giostra
saluta i genitori a ogni giro
e perché i genitori gli rispondono sempre,
non conosci la natura umana.
William D. Tammeus


Cico non ha gridato.

Basterebbe questa frase per concludere il post e chi conosce Cico sa cosa voglio dire. E' uscito dalla porta, ma gli è stato permesso farlo. Ci siamo aggirati sulle scale per un bel po' con lui recalcitrante ma non urlante.

Sonia e Isabella, sorridenti come sempre, hanno avuto l'intuizione di lasciarci soli dentro la stanza arredata. Successone!
Cico si è avvicinato agli oggetti e, con me di fianco, ha usato scopa e paletta e poi si è buttato davanti al cesto delle noci e si è messo a travasarle usando, per la prima volta, il mestolo!!

Poi si è stancato e siamo usciti, ma Cico sorrideva a Isabella e si è lasciato avvicinare per il saluto finale.

Un ottimo primo giorno.




Quello che ho davanti oggi è invece un bambino stanco, che continua a lamentarsi di tutto. Reazione dopo la grande tensione.

Ho cercato un luogo adatto e finalmente l'ho trovato. Vittoria!!!


martedì 17 settembre 2013

Ecco cosa facciamo quest'anno!

35 mesi

 
Ci sono soltanto tre modi efficaci per educare:
con la paura, con l'ambizione, con l'amore.
Noi rinunciamo ai primi due.
Rudolf Steiner


Siamo tornati dalle vacanze e ogni cosa sembra come trentotto giorni fa. Le incessanti gite alla porta, le aperture di tutte le antine dei pensili della cucina, le uscite interminabili dalle 10 di mattina alle 8 di sera. Uff! In compenso siamo molto abbronzati.
:-)
 
Prima di partire avevo promesso di svelare il nostro asso nella manica e lo faccio ora, mentre soffia un venticello autunnale che non promette niente di buono nel ramo "giardinetti".
 
Esclusa la Scuola d'Infanzia, il corso di psicomotricità e il corso di acquaticità - dovrei entrare in vasca anch'io finché il Royal Baby non si decide a parlare, ma mi sono beccata da un anno e mezzo una candida recidivante e di piscina non se ne parla fino al prossimo secolo - tornando da un colloquio alla scuola Nuova Educazione (per saperne di più, leggete qui e qui) mi imbatto in una targhetta in corridoio:
 
 

Spazio Montessori
uno spazio per la famiglia


 
Mi suona un campanello. Avevo già visto questo logo in una Casa dei Bambini Montessori. L'avevo mentalmente scartato, perché sembrava essere un asilo nido e noi eravamo già fuori tempo massimo, così avevo buttato via il dépliant illustrativo.
 
Ma ora sono davanti alla loro porta. E' il Destino che bussa alla mia, di porta? Wow! Porta chiusa!
^_^
 
Numero di telefono. Chiamo. Risponde Sonia. Non so bene cosa dire: sono una mamma semi-disperata con un figlio disperante che non dice una parola, non mangia da solo, porta il pannolino, scappa di casa, si fa venire una convulsione ogni volta che si chiude una porta e non sta in nessun luogo, tantomeno all'asilo. Un bambino luogo-non luogo per dirla con Marc Augé.
 
Ok. No. Dovrei dire questo, ma no. Ci sono sempre i servizi sociali e gli accalappiacani in agguato. Ormai le redini della mia vita sono mie e non le mollo.
 
Quindi dico: Buongiorno. Sono la mamma di un bimbo che compirà tre anni in ottobre. Mio figlio, Cico, è il vostro allievo ideale: travasa, sposta oggetti, fa le pulizie, scarica la lavastoviglie, beve dal bicchiere di vetro. Vorrei sapere se, dato che è nato alla fine dell'anno, lo accettereste con voi a settembre. Ci possiamo incontrare?
 
Ecco come trasformare una faticaccia quotidiana H24 (sempre per dirla con Crozza) in una passabile presentazione. Potere della comunicazione. Del giornalismo. Del marketing. Della pubblicità. Devo farmi assumere da qualche ditta di schifezze.
 
Appuntamento nello spazio dei più piccoli. Nell'altro, quello destinato ai Cico più grandicelli, non si può andare fino al prossimo anno educativo. Davanti a me Sonia e Isabella, con un immacolato grembiule bianco e soprascarpe azzurre, sembrano due Fate Turchine. Parlano a voce bassa, sorridono. Sono due mamme che facevano due mestieri diversi da quello di maestre. Poi una scelta: formarsi come educatrici montessoriane. Ma non possono farlo nella scuola, perché non sono laureate in Scienze della Formazione, quindi scelgono la fascia 0-3 anni. Ma anche Maria Montessori la considerava una fascia d'età aperta verso i 4 anni. Ergo sanno benissimo chi è Cico.
 
Parliamo di lui, della sua storia. Comprendono al volo. E in un attimo l'accordo è fatto. Si comincia il 17 settembre. Domani.
 
DA SOLI NOI DUE. Primo plusvalore. Faremo un paio di incontri Cico, io, Sonia, Isabella. Più individualizzato di così!
 
Voglio restare sul pezzo di cronaca, quindi mi fermo qui nell'emozione del momento. Domani aggiornerò il blog con le prime impressioni e soprattutto spiegando bene che cos'è e come è organizzato questo Spazio Montessori che ha bussato alla nostra porta.
 



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